

Nel 1996 il mio incarico per la guida dei vini del Gambero Rosso era seguire alcune aree toscane e sarde. Non c’erano ancora strade asfaltate e per raggiungere i territori delle degustazioni ci spostavamo a dorso di mulo. Non era stato nemmeno inventato il cavatappi, sicché si doveva aprire le bottiglie con un ferro arroventato. Ciò che comportava una significativa perdita di tempo e riduceva a quattro il numero di campioni assaggiati nel corso di una giornata di lavoro.
Poche sere fa, durante uno dei lavori di scavo archeologico che effettuo di tanto in tanto nella mia cantina, ho riportato alla luce l’ultimo flacone di quel gruppo. L’etichetta era quasi del tutto illeggibile, ma da analisi condotte con il metodo della datazione radiometrica (metodo del 14C) ho appurato con relativa certezza che si trattava di un Nobile Boscarelli Riserva 1988.
L’assaggio è stato sorprendente: ancora relativamente giovane nel colore, un rubino che solo verso il bordo cedeva al granato, aveva un ventaglio di aromi fruttati che riuscivano ancora a combattere con energia contro i toni della terziarizzazione, e un sapore austero, profondo, robustamente – e finemente – tannico.
Come sempre succede con il vino, con il buon vino, non si beve soltanto un liquido idroalcolico. Si bevono ricordi, persone, eventi, circostanze fortunate e non, emozioni, frammenti piĂą o meno estesi della propria storia personale. Per chi volesse provarlo, ho ravanato su internet ma non sembra facile ripescarne un esemplare. Buona caccia.
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